Circolare 19/00 del 23 ottobre 2000

 

La rivalutazione dei beni d'impresa: un'ottima opportunità di tax planning.

Dopo dieci anni dall'ultima legge di rivalutazione volontaria (la 408/90) il collegato fiscale ora in fase di definitiva approvazione, prevede, nella sezione III, artt. 9-15, una apposita disciplina per la rivalutazione dei beni d'impresa, consentendo in questo modo alle imprese di allineare i valori contabili dei beni a quelli di mercato. Questa nuova legge di rivalutazione offre un'interessante opportunità alle imprese.

Quali possono essere dunque i vantaggi di una rivalutazione dei beni d'impresa?

Prima di tutto la rivalutazione dei beni rende possibile, come accennato, il riallineamento del valore contabile dei beni aziendali al loro valore "reale", non essendo possibile "in nessun caso superare i valori effettivamente attribuibili ai beni con riguardo alla loro consistenza, alla loro capacità produttiva, all'effettiva possibilità di economica utilizzazione nell'impresa".

Le nuove disposizioni normative richiedono agli amministratori ed al collegio sindacale di "indicare e motivare nelle loro relazioni i criteri seguiti nelle varie rivalutazioni dei beni ed attestare che la rivalutazione non eccede il limite" del loro valore "reale".

L'allineamento del valore dei beni a quello "reale" avrà prima di tutto effetti positivi dal punto di vista dell'aspetto formale di bilancio. Infatti l'emergere, in seguito alla rivalutazione dei beni, di quelle che vengono comunemente denominate "riserve occulte" consente all'imprenditore di dare ai terzi, attraverso il bilancio o rendiconto, la reale consistenza dell'attivo patrimoniale e, conseguentemente, della consistenza patrimoniale dell'impresa stessa. Basti pensare ai bilanci da fornire alle banche per l'erogazione di finanziamenti o alla documentazione da fornire a possibili partners industriali o finanziari.

Dobbiamo ricordare che, per quanto riguarda l'interesse degli investitori finanziari in genere, ed in particolare dei venture capitalists, all'investimento in aziende, questo non è più limitato ad imprese di medio-grandi dimensioni ma, soprattutto grazie all'avvento della new economy, anche ad aziende di piccole dimensioni desiderose di portare avanti i propri ambiziosi progetti di sviluppo.

Per quanto riguarda le aziende di grandi dimensioni, che aspirano alla quotazione in borsa, o addirittura alle società già quotate, quanto detto vale ancora di più, essendo il bilancio il necessario biglietto da visita per gli investitori istituzionali ed ovviamente lo strumento informativo principe per la Consob e la Banca d'Italia.

In secondo luogo la rivalutazione dei beni delle imprese può essere utilizzata quale efficace strumento di tax planning, portando tangibili benefici fiscali e permettendo in alcuni casi di realizzare quanto altrimenti si sarebbe potuto ottenere solamente con operazioni straordinarie quali fusioni, cessioni e conferimenti d'azienda o di partecipazioni. Il "costo" di tali benefici fiscali consiste nel pagamento di un'imposta sostitutiva di Irpef, Irpeg ed Irap, nella misura del 19% sul maggior valore attribuito ai beni ammortizzabili e del 15 % di quello attribuito ai beni non ammortizzabili (i.e. terreni e partecipazioni).

E' importante sottolineare che il maggior valore attribuito ai beni si considera riconosciuto ai fini delle imposte dirette e dell'Irap a partire dallo stesso esercizio nel quale la rivalutazione è stata eseguita, e dunque a partire dall'esercizio 2000 per la maggior parte delle imprese. Contabilmente il saldo attivo risultante dalla rivalutazione, al netto dell'imposta sostitutiva, dovrà essere iscritto in apposita riserva di patrimonio netto o imputata direttamente a capitale.

I benefici fiscali ottenibili sono essenzialmente tre:

1. il beneficio derivante dalla possibilità di effettuare nell'esercizio 2000 e nei seguenti maggiori ammortamenti fiscalmente deducibili;

2. il risparmio d'imposta che si può eventualmente conseguire in sede di cessione dei beni precedentemente rivalutati;

3. il vantaggio in termini di minor carico fiscale derivante dal riconoscimento, ai fini della Dual Income Tax.

Per quanto riguarda quest'ultimo punto è da sottolineare che il saldo attivo di rivalutazione concorre a formare la variazione in aumento del capitale investito ai fini della DIT dall'esercizio in cui è imputato a capitale o accantonato a riserva, a stregua di una riserva di utili, con l'ulteriore vantaggio di concorrere a formare la variazione in aumento a partire dall'inizio dell'esercizio in cui è computato a capitale o a riserva, e non in ragione dei giorni intercorsi dal momento in cui l'incremento è stato effettuato fino al termine del relativo periodo d'imposta.

Un ulteriore effetto fiscale della rivalutazione si ha con riguardo alle spese di manutenzione, ammodernamento e trasformazione non imputate ad incremento del costo dei beni, le quali, come noto, sono deducibili nel limite del 5% del costo complessivo di tutti i beni materiali ammortizzabili quale risulta all'inizio dell'esercizio. Alla rivalutazione dei beni ammortizzabili infatti consegue un incremento del plafond entro il quale è possibile portare in deduzione le suddette spese di manutenzione.