Cass. civile, sez. I, 18-01-1991, n. 495 - Pres. Maltese D - Rel. De Musis R - P.M. Di Renzo M (Diff) - S.p.A. Officine Zorzi c. Fall.to Butcovich

 

La Corte (omissis ...).

Con il primo motivo si deduce che, in violazione e falsa applicazione degli artt. 67 e 54 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e con vizio di motivazione, la Corte di appello ha omesso di esaminare la questione, che le era stata sottoposta, della inammissibilità della revocatoria fallimentare del pagamento di un credito assistito da privilegio non revocabile in via fallimentare.

Tale privilegio, difatti, estintosi con il pagamento del debito, finirebbe, in caso di revoca del pagamento stesso, con l'essere anch'esso revocato, poiché l'esito positivo della revocatoria non ne importerebbe la reviviscenza: e ciò sia se il bene al quale esso accedeva fosse stato alienato sia se il bene fosse rimasto nell'attivo fallimentare, non potendosi, in quest'ultimo caso, provvedere alla ricostituzione del privilegio, ai sensi dell'art. 2881 codice civile, in quanto questa - peraltro inidonea, per la proposizione della nuova data del privilegio, a ripristinare la totale efficacia - è consentita (solo) se la causa estintiva dell'obbligazione è dichiarata nulla o insussistente, laddove la revocatoria fallimentare importa la inefficacia del pagamento.

Con il secondo motivo si deduce che, in violazione e falsa applicazione degli artt. 67 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267 e 2697 codice civile nonché con vizio di motivazione, la Corte di appello ha ritenuto non offerta la prova della anteriorità e priorità del credito senza tenere conto che essa risultava dai documenti in atti - copia del ricorso per sequestro e vendita dell'automezzo, con allegate due iscrizioni ipotecarie e del verbale di sequestro - e che, comunque, era pacifica la esistenza del privilegio anteriormente al pagamento del credito, all'insorgenza di altri crediti e alla dichiarazione del fallimento.

I due motivi, che possono esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondati come segue.

La ipoteca (tale è considerato il privilegio iscritto sugli autoveicoli: art. 2810, secondo comma, codice civile) si estingue con l'estinguersi dell'obbligazione (art. 2878, n. 3, codice civile).

Se la causa estintiva della obbligazione è dichiarata nulla o altrimenti non sussiste (ovvero è dichiarata nulla la rinunzia fatta dal creditore all'ipoteca) e l'iscrizione non è stata conservata, si può procedere a nuova iscrizione e questa prende grado dalla sua data (art. 2881 codice civile).

L'ipoteca, quindi, allorché è estinta con il pagamento del credito per il quale era stata iscritta, può rivivere solo allorché sia dichiarata la nullità o la insussistenza del pagamento e precisamente: a) se l'iscrizione è stata conservata: in tal caso più che la reviviscenza è la permanenza della garanzia che sussiste, sì che l'ipoteca deve considerarsi mai estinta e conserva pertanto la iniziale efficacia; b) se l'iscrizione non è stata conservata: in tal caso si può procedere a nuova iscrizione e questa prende grado dalla sua data.

All'infuori delle indicate ipotesi la ipoteca non può rivivere, così come non lo può nei casi in cui il bene, sul quale essa gravava, sia stato volontariamente e legittimamente dal debitore (poi fallito) alienato ad un terzo o a costui trasferito a seguito di esecuzione coattiva, e il debitore o il terzo abbiano pagato il credito ipotecario.

Non determina, dunque, reviviscenza della ipoteca (resterebbe salva la valutabilità, al fine di cui si discute, di una reviviscenza che importa una nuova e successiva data di iscrizione) la (eventuale) revocatoria fallimentare del pagamento del credito ipotecario, poiché questo è dichiarato inefficace, e non nullo o insussistente.

Alla stregua della disciplina esposta, non può confermarsi l'orientamento giurisprudenziale di questa corte della non assoggettabilità a revocatoria fallimentare del pagamento dei crediti privilegiati (Cass. 19 ottobre 1976, n. 3608) fondato sul rilievo che, in difetto di reviviscenza della garanzia, il credito risorgerebbe come chirografario e pertanto la revoca del pagamento importerebbe una sanzione o decadenza a carico del creditore (e precisamente la revoca della garanzia) che non sono comprese tra gli effetti della revocatoria fallimentare (Cass. 20 giugno 1969, n. 2180).

E' la stessa premessa di tale orientamento - e cioè la definitività (all'infuori delle specifiche ipotesi più sopra ricordate) della perdita della garanzia - che peraltro si è visto corrispondente alla disciplina legislativa, che esclude che su quella definitività possa incidere, quale effetto non previsto e quindi inammissibile, la revoca del pagamento. Nessuna preclusione giuridica, quindi, osta alla revocabilità del pagamento al creditore privilegiato.

Che anzi, a ben vedere, il ritenere la inammissibilità della revocatoria importerebbe la implicita affermazione della permanenza degli effetti della garanzia pur dopo la sua estinzione, laddove, come si è visto, la reviviscenza di essa è legislativamente esclusa. E di più: per evitare un effetto (revoca della garanzia) che si ritiene non voluto dalla legge fallimentare si finisce con il negare un effetto voluto e che costituisce il cardine della revocatoria: e cioè il ripristino della par condicio creditorum.

Il credito privilegiato, difatti, resterebbe integralmente soddisfatto: 1) anche se sul bene oggetto di garanzia ne gravava uno privilegiato poziore, e ciò nonostante che il soddisfacimento prioritario del secondo nella procedura fallimentare avrebbe escluso o diminuito il soddisfacimento del primo; 2) anche se, per qualsivoglia ragione, esso non avrebbe trovato capienza completa nel valore del bene.

In realtà ciò che l'indicato orientamento intendeva sottolineare era la ingiustizia della trasformazione, per effetto della revoca, del credito privilegiato in credito chirografario: e cioè la impossibilità, per il creditore, di far valere quella garanzia che il normale procedimento fallimentare gli avrebbe invece assicurato.

Ma siffatta esigenza viene rispettata affrontando il - necessario - diverso problema della ammissibilità concreta della revocatoria fallimentare del pagamento di un credito privilegiato: e cioè l'accertamento della ricorrenza delle condizioni, in tal caso, dell'esercizio della revocatoria.

Perché sussista l'interesse a questa è necessario il pregiudizio per la massa, il quale si presume, sì che incombe al creditore la prova della sua inesistenza, al cui onere il creditore privilegiato adempie solo che dimostri la sussistenza della garanzia, poiché con ciò resta trasferita al fallimento la prova che, ad onta della garanzia, il pregiudizio, in tutto o in parte, sussisteva (da ultimo: Cass. 28 ottobre 1988, n. 5857).

Tale orientamento va confermato e ulteriormente giustificato da sottrazione di una componente attiva del patrimonio del debitore poi fallito, fa presumere, stante l'insolvenza, che non tutti i creditori troveranno capienza nell'attivo fallimentare, e pertanto incombe al convenuto in revocatoria la prova che invece, in concreto, tale pregiudizio non ricorre.

Il creditore privilegiato, però, gode, rispetto ai creditori chirografari, di una tutela (ulteriore e) specifica: il diritto di prelazione sul prezzo del bene vincolato (art. 54 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267). La prova della garanzia privilegiata, conseguentemente, vince la presunzione del pregiudizio poiché rivela che il creditore ha percepito una somma sulla quale egli aveva preferenza rispetto alla massa.

Tale tutela viene meno solo ove essa risulti esclusa, o ridotta, per la concorrenza di altri creditori privilegiati, il cui diritto sia anteriore, e quindi poziore, rispetto a quello soddisfatto.

Ma la prova della non spettanza - totale o parziale - della tutela, non può che incombere, stante la espressa previsione di questa, al fallimento, perché serve a dar fondamento alla eccezione dello stesso che in concreto la tutela non avrebbe garantito il soddisfacimento - totale o parziale del credito.

Conferma tale conclusione il rilievo che nel normale procedimento di ammissione al passivo, non potrebbe escludersi l'indicata tutela del credito privilegiato, se fosse provata (in ipotesi) solo la garanzia e non la relativa data, se non previa dimostrazione, da parte del fallimento, di creditori privilegiati con diritto poziore.

I principi ricavabili da quanto finora esposto sono i seguenti: E' ammissibile la revocatoria fallimentare di un credito privilegiato. Allorché sia provata la (sola) sussistenza della garanzia privilegiata - onere che incombe al creditore soddisfatto - l'interesse alla revocatoria sussiste (solo) se si dimostri - e la prova spetta al fallimento - il danno per la massa, desumibile dalla circostanza che il credito soddisfatto non avrebbe trovato capienza, totale o parziale, nel prezzo - realizzato se il bene è stato alienato o da realizzare se il bene è tuttora nel patrimonio fallimentare - a causa della insufficienza del prezzo stesso rispetto al pagamento o della concorrenza, su di esso, di crediti privilegiati poziori.

L'interesse è limitato al danno effettivamente dimostrato, sì che è insuscettibile di revocatoria la parte del pagamento che, in quanto legittima, perché conforme alla tutela prevista dall'art. 54 del R.D. n. 267 del 16 marzo 1942, non arreca danno.

La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione di tali principi, e pertanto va cassata, con rinvio della causa ad altro giudice (designato in dispositivo), il quale ad essi dovrà uniformarsi.

(omissis ...).