COMM. TRIB. CENTR. - SEZ. IV - 23 GIUGNO 1993, n. 2192 - Imposte e tasse - IRPEG - Enti non commerciali - Associazione religiosa - Compravendita - Pubblicazioni religiose - Attività commerciale - Ravvisabilità - Condizioni - Art. 20 D.P.R. 29 settembre 1973, n. 598.
Pres. Schinaia, Rel. Sterlicchio - Uff. Imp. Dir. RM c. Congregazione Testimoni di Geova.
La natura commerciale, o meno, dell’attività di editoria, stampa e diffusione di pubblicazioni di carattere prevalentemente religioso da parte di un’associazione religiosa con personalità giuridica, deve essere verificata non in relazione alla natura del soggetto, al possesso o meno della qualità d’imprenditore ed alla ricorrenza o meno del fine di lucro, bensì con riguardo al contenuto ed alle circostanze oggettive dell’attività svolta e dei suoi destinatari. A tal fine, accertata la destinazione delle pubblicazioni alla vendita (rivelata dalla indicazione su di esse del prezzo), e che la vendita sia rivolta prevalentemente a terzi, quali sono sia gli adepti professanti il culto dell’associazione, sia i non adepti, ai quali il messaggio missionario pure si dirige, è irrilevante che alla diffusione l’associazione provveda con mezzi propri, senza ricorrere ad una distinta organizzazione commerciale.
Diritto
Il ricorso dell’ufficio è fondato.
Nel presente grado del giudizio è fuori contestazione che la natura commerciale o meno dell’attività di editoria, stampa e diffusione delle pubblicazioni di carattere prevalentemente religioso di un’associazione religiosa con personalità giuridica qual è la Congregazione in epigrafe, non può essere verificata in relazione alla natura del soggetto, al possesso o meno della qualità di imprenditore ed alla ricorrenza o meno del fine di lucro, bensì con riguardo al contenuto ed alle circostanze oggettive dell’attività svolta e dei suoi destinatari, come ha esattamente ritenuto la Commissione di I grado con argomentazioni non sottoposte a rilievi critici dalla stessa Commissione di II grado.
Resta da verificare il criterio di giudizio, posto a base della decisione di appello e censurato dall’ufficio in questa sede, secondo il quale la natura commerciale dell’attività in questione sarebbe esclusa, nel caso concreto, dalla circostanza che le pubblicazioni in questione "vengono distribuite con mezzi propri agli associati e non vendute a terzi".
In realtà, non resiste alla necessaria verifica alcuno dei tre elementi enucleabili da tale supposto criterio di qualificazione giuridica dell’attività in considerazione:
Che, in effetti, si tratti di pubblicazioni destinate alla vendita risulta dalla circostanza, non contestata, che le pubblicazioni in controversia recano stampato sul retro l’indicazione del prezzo; ed invero lo scambio di cosa contro prezzo qualifica sul piano economico e giuridico la compravendita, a prescindere dalla sussistenza o meno di un profitto essenziale soltanto con riferimento all’attività imprenditoriale.
Che, poi, nel caso concreto, alla diffusione la contribuente provvedesse con mezzi propri è circostanza per sé inidonea ad escludere il carattere commerciale dell’attività, valendo solo ad evidenziare che le pubblicazioni in discorso non venivano messe a disposizione degli aventi interesse all’acquisto nelle librerie ed edicole, ma offerte a costoro direttamente dagli appartenenti alla Congregazione.
Che, infine, nella fattispecie, fosse esclusa la cessione a terzi risulta manifestamente smentito dal rilievo che il prodotto Statuto dell’Istituzione di culto in parola indica, tra gli scopi principali della Società quelli di "stampare e distribuire Bibbie e divulgare le verità bibliche in varie lingue per mezzo della produzione e della pubblicazione di letteratura contenente informazioni e commenti..." e di "insegnare pubblicamente e di casa in casa le verità della Bibbia alle persone disposte ad ascoltare, lasciando a tali persone detta letteratura...". Orbene, tali persone, destinatarie delle pubblicazioni in riferimento non sono certamente gli "associati" alla W.T.B.A.T.S., identificati dalla disposizione V dello Statuto come coloro ai quali viene rilasciato un "certificato di associato" per aver fatto "donazione di dieci dollari al fondo di detta società", ossia come "contributori" aventi diritto "a un voto per ognuna di tali azioni in detta società", costituita appunto per gli scopi sopra illustrati, ma - evidentemente ed in misura prevalente - quei terzi che sono i destinatari dell’attività divulgativa della Società, inclusi tra questi sia gli adepti professanti il culto della Congregazione sia i non adepti ai quali il messaggio missionario pure si dirige.
In conclusione, per le argomentazioni svolte, fondatamente l’ufficio contesta l’assunta intassabilità della cessione delle pubblicazioni edite dalla Società contribuente, difettando nella fattispecie le condizioni volute dall’art. 20 D.P.R. n. 598/1973, ove si esclude la tassabilità delle cessioni di beni "effettuate in conformità alle finalità istituzionali da associazioni... religiose... nei confronti... dei rispettivi soci, associati o partecipanti". E ciò anche se si tien conto del contenuto innovativo - ma con effetto retroattivo dal 1º gennaio 1974 - della più specifica successiva lettera a) della norma in esame, ove si escludono dalla categoria delle attività "considerate in ogni caso commerciali" quelle che hanno per oggetto "le pubblicazioni delle associazioni... religiose... cedute prevalentemente ai propri associati".
La decisione di I grado, erroneamente riformata da quella impugnata, merita, dunque, conferma.
P.Q.M.
accoglie il ricorso dell’ufficio.