CIRCOLARE N.24/2001 del 26 marzo 2001

 

TRANSFER PRICING E SERVIZI INFRAGRUPPO

 

Le prestazioni di servizi intercompany sono spesso utilizzate dai gruppi societari come strumento per trasferire utili da una società all’altra e dunque quale non consono strumento di tax planning. E’ frequente infatti la prassi per cui le società controllanti forniscono alle proprie controllate servizi di natura tecnica, finanziaria, legale, commerciale, fiscale, ecc., sia direttamente che attraverso altre società facenti parte dello stesso gruppo. La motivazione, principalmente, sta nell’accentramento delle funzioni gestionale e/o di ricerca, allo scopo di perseguire il contenimento dei costi ed attribuire al sistema migliore funzionalità, tenuto anche conto del processo di internazionalizzazione delle attività.

Ovviamente, a fronte di tali prestazioni, consegue l’addebito di un corrispettivo che può essere, a seconda dei casi, predeterminato in misura fissa oppure variabile in funzione dell’entità e del valore delle prestazioni rese.

Tali costi vengono anche denominati "spese di regia" o "di direzione" ed i criteri che presiedono alla loro ripartizione tra le imprese del gruppo vengono definiti "cost sharing agreements" o "cost sharing arrangements".

Le operazioni in argomento, denominate anche "inter company", rientrano, pertanto, a pieno titolo tra quelle che possono dar luogo a pratiche di transfer pricing. Nel caso in cui le prestazioni in argomento vengano effettuate da una società non residente, alla quale una società residente, controllata o appartenente al medesimo gruppo, riconosca un corrispettivo, trova applicazione l’art. 76, comma 5 del TUIR.

In merito alle c.d. spese di regia o di direzione, vale a dire le spese che la controllante estera riaddebita alla controllata italiana per mansioni di controllo, indirizzo gestionale, ecc., il Secit con delibera n.60 del 17 luglio 1995, indirizza l’operato degli uffici che, trovandosi nell’oggettiva difficoltà di individuare una corretta correlazione tra uno specifico costo ed uno specifico ricavo, avevano sovente ripreso a tassazione l’importo delle spese di regia portato in deduzione dalle società italiane utilizzatrici del servizio, prescindendo da qualsiasi analisi in ordine alla sussistenza dei requisiti di certezza, inerenza e congruità delle stesse. In merito alla deducibilità delle c.d. "spese di regia" la circolare del Ministero delle Finanze n. 271 del 21 ottobre 1997, riprende quanto affermato dalla delibera del Secit n.60 del 1995, ed imprime una nuova impostazione all’attività di verifica, atteso che la posizione pregiudiziale di diniego dell’inerenza delle "spese di regia" fatta propria dagli Uffici veniva di fatto a tradursi in una carenza di motivazione degli avvisi di accertamento.

La circolare ora richiamata, invita gli uffici ad effettuare tutte le possibili ricerche in ordine alla certezza, inerenza e congruità dei costi. Relativamente alla sussistenza del requisito della certezza e della effettiva riferibilità (inerenza) il Ministero ritiene opportuno far ricorso a procedure di accertamento, ove possibile, in collaborazione con autorità fiscali estere o eventualmente avvalendosi di apposita certificazione da parte di società di revisione.

Per quanto riguarda il rispetto del requisito della congruità delle spese di regia l’ipotesi prospettata è quella di fare ricorso a metodi di ripartizione basati su "parametri che tengano conto della peculiarità dell’attività svolta o di elementi contabili significativi". A titolo esemplificativo viene indicata la possibilità di applicare "formule che consentano la distribuzione dei costi in relazione ai benefici che ciascuna unità può trarre dall’utilizzazione dei servizi ai quali i costi stessi si riferiscono" o, alternativamente, individuando la quota parte delle spese di direzione e amministrazione sostenute dalla casa madre nella misura che scaturisce dal rapporto tra i ricavi ed i proventi dell’impresa e quelli della gestione in Italia.

La diffidenza delle autorità fiscali italiane nei confronti dei "cost sharing agreements" in generale, ha trovato, tra l’altro, una limitazione in quanto sancito dall’art. 7, comma 3, del modello di convenzione OCSE contro le doppie imposizioni, ove si precisa che "nella determinazione degli utili di una stabile organizzazione sono ammesse in deduzione le spese di direzione e le spese generali di amministrazione" sia nello Stato in cui è situata la stabile organizzazione che altrove a condizione che alla stabile organizzazione siano attribuiti gli utili che si ritiene sarebbero stati dalla stessa conseguiti se si fosse trattato di un’impresa distinta e separata, che svolge attività in condizioni identiche o analoghe ed in piena indipendenza dall’impresa di cui costituisce una stabile organizzazione.

Il Ministero ha pertanto dovuto riconoscere la deducibilità dei suddetti costi, ponendo però, particolari condizioni.

In generale, le prestazioni di servizi intercompany saranno deducibili, in sede di determinazione del reddito d’impresa, se e nella misura in cui saranno conformi ai principi generali di inerenza, competenza, certezza e determinabilità stabiliti dall’ordinamento tributario.

In particolare, ai fini dell’analisi del trattamento fiscale dei cost sharing agreements e dunque anche degli accordi comportanti il riaddebito per spese di regia, è necessario fare riferimento alla circolare del Ministero delle Finanze n. 32/9/2267 del 22 settembre 1980. Secondo tale circolare, che fondamentalmente rispecchia quanto previsto dall’ultimo rapporto OCSE in campo di servizi inter-company, i servizi prestati devono essere verificati in relazione a tre aspetti diversi:

a) analisi del grado di utilità o "vantaggio" ricevuto;

b) valutazione della congruità del prezzo del servizio e quindi dei criteri con i quali si procede all’addebito dei costi;

c) requisiti formali.

A fronte dei servizi ricevuti occorre dare giustificazione del reale "vantaggio" conseguito dal beneficiario. Infatti, se l’obiettivo che si intende raggiungere con la prestazione dei servizi appare rientrare nelle esclusive strategie della società prestatrice, il costo addebitato non andrebbe mai considerato inerente l’attività della società beneficiaria e sarebbe quindi fiscalmente indeducibile. Le spese di regia, per essere inerenti, devono dunque rispondere a criteri di utilità nei confronti della società utilizzatrice, normalmente la società controllata, anche se si tratta di costi funzionali al coordinamento tra le varie controllate e la sede centrale.

In questo senso è molto importante distinguere le attività che la capogruppo svolge al solo scopo di controllo, e dunque di tutela del proprio investimento, c.d. "funzione di azionista della capogruppo" (tipicamente l’attività di reporting compreso il bilancio consolidato, l’adeguamento dei dati contabili della controllata a standard contabili di gruppo), da quella che invece riveste per la controllata una vera utilità (ad es. personale dipendente della casa madre che dedica una parte del suo tempo per la predisposizione di prospetti amministrativo-contabili necessari alla controllata). Le spese, dunque, non devono rispondere ad esigenze di governo e gestione dell’impresa multinazionale. L’utilità del servizio deve essere elemento essenziale e principale, non potendo costituire un vantaggio marginale od occasionale. Si dovrà infine verificare che la società utilizzatrice non disponga al suo interno di una struttura già in grado di fornire il servizio addebitatole.

Il servizio prestato oltre a rispecchiare il requisito dell’utilità, deve essere addebitato ad un costo congruo rispetto al suo valore normale; nella valutazione della congruità del corrispettivo andrà anche tenuto conto del fatto che il riaddebito di servizi di carattere amministrativo e gestionale, quali sono le prestazioni per spese di regia, non rientrando fra le attività tipiche della società controllante prestatrice del servizio, non dovrà garantire alla stessa significativi margini di utile.

Data la particolarità dei servizi connessi ai cost sharing agreements in generale, e a maggior ragione, per il riaddebito delle spese di regia, lo stesso Ministero ha riconosciuto la difficoltà insita nel confrontare la transazione in argomento con transazioni similari intercorse tra soggetti indipendenti.

Come sopra accennato il Ministero ha esemplificato criteri di valutazione alternativi (ad esempio si consiglia di suddividere i costi sostenuti nel periodo di durata del contratto sulla base della percentuale di fatturato realizzato dalle varie società controllate), con l’avvertenza che quanto più approssimato ed arbitrario sarà il criterio di quantificazione e/o parametrazione e di suddivisione adottato, tanto meno attendibile sarà la congruità del corrispettivo pattuito. La totale assenza di costi per la società che effettua l’addebito attesterà l’assenza di una struttura atta a fornire i relativi servizi con conseguente presunzione di inesistenza del servizio stesso e sua indeducibilità da parte della società il cui costo è stato addebitato.

Si ritiene che le singole realtà possano adottare criteri di parametrazione diversi da quelli suggeriti, peraltro a titolo esemplificativo, dal Ministero, a condizione che sia possibile dimostrarne la logicità economica e purché si eviti un sistema di determinazione dei compensi di tipo forfetario, ed in ogni caso non si utilizzino criteri troppo complessi e non costanti nel tempo.

In tal caso, la società residente, allo scopo di annullare o limitare il rischio che venga contestata la deduzione dei relativi costi, dovrà assumere le necessarie cautele, ovvero:

- Formalizzare il contenuto degli accordi in un contratto, che può essere formato anche attraverso lo scambio di corrispondenza; in ogni caso è consigliabile la data certa anteriore a quella di inizio delle prestazioni dei servizi;

- Assicurarsi che le prestazioni coincidano con quelle evidenziate nei relativi contratti e con quelle effettivamente fatturate;

- Specificare le modalità di esecuzione delle prestazioni e, possibilmente, gli esecutori materiali delle stesse;

- Conservare tutta la documentazione e la corrispondenza idonea a confermare l’effettività e la congruità delle prestazioni;

- Per quanto riguarda il corrispettivo, è opportuno assicurarsi che, qualora questo sia stato determinato in misura forfetaria, sia possibile individuare obiettivamente i criteri in base ai quali lo stesso è stato valutato (riferimento ad analoghe prestazioni esterne, tariffe dei professionisti, costi dei dipendenti, ecc.);

- Specificare modalità e termini dei pagamenti.

E’ opportuno ribadire che, in tema di transfer pricing internazionale, il riferimento legislativo è dato al c.d. "valore normale" e che, in caso di accertamento, benché l’onere della prova della discordanza tra valore normale e corrispettivo dell’operazione incomba sull’Ufficio, è interesse della società residente premunirsi di mezzi di prova idonei a dimostrare la "normalità" del corrispettivo.

Per quanto attiene, invece, alle prestazioni di servizi infragruppo tra società residenti, tutte le cautele evidenziate in precedenza dovranno essere ugualmente osservate. In caso di verifiche, l’amministrazione finanziaria, per poter ricorrere al criterio del "valore normale", deve preliminarmente conseguire il possesso di presunzioni gravi, precise e concordanti concernenti elementi comprovanti che i corrispettivi dichiarati sono divergenti da quelli effettivi ed è evidente che tali presunzioni possono essere principalmente costruite proprio sulla base di carente o contraddittoria documentazione di supporto delle operazioni.

 

 

 

Fonte: Fiscali News N. 12/2001 del 26.03.2001 - newsletter settimanale gratuita del sito www.fiscali.it