Residenti nei paradisi fiscali: come contrastare le presunzioni di residenza in Italia

Nel nostro ordinamento è stata introdotta con decorrenza 1° gennaio 1999 una disposizione legislativa per contrastare la fittizia emigrazione all’estero per finalità meramente tributarie. La norma presume la residenza fiscale in Italia delle persone fisiche emigrate nei Paradisi fiscali.

Effetti della presunzione

La disposizione in esame ha infatti attribuito al contribuente l’onere di provare l’effettività del trasferimento della residenza in un Paradiso fiscale. Ciò anche quando l’emigrazione sia avvenuta dopo essere transitato anagraficamente per uno Stato terzo, non compreso fra i Paradisi fiscali.

Per i trasferimenti verso Stato o territori diversi da quelli considerati Paradisi fiscali, l’onere della prova permane invece a carico dell’Amministrazione finanziaria, facendo ricorso ai tradizionali strumenti d’indagine ed a concreti elementi dimostrativi.

Decorrenza

La decorrenza della presunzione opera dal 1° gennaio 1999, indipendentemente dalla circostanza che l’emigrazione sia avvenuta anteriormente a tale data. Per i periodi d’imposta anteriori, in presenza di un’emigrazione anagrafica verso i Paradisi fiscali, l’onere probatorio ai fini della dimostrazione dell’effettiva residenza fiscale grava sull’Amministrazione finanziaria.

Mezzi di prova

La dimostrazione dell’assunzione di un reale e duraturo rapporto con lo Stato di immigrazione e dell’insussistenza nel nostro Paese della dimora abituale - residenza - ovvero del complesso dei rapporti afferenti gli affari e gli interessi, allargati, oltre che agli aspetti economici, a quelli familiari, sociali e morali - domicilio - può essere data con qualsiasi mezzo di prova di natura documentale o dimostrativa (con la sola esclusione della prova testimoniale e del giuramento). A titolo esemplificativo, la Circ. Min. 140/E del 24.06.99 indica le seguenti circostanze che vanno dimostrate al fine di superare la presunzione:

- sussistenza della dimora abituale nel Paese fiscalmente privilegiato, sia personale che dell’eventuale nucleo familiare;

- iscrizione ed effettiva frequenza dei figli presso istituti scolastici o di formazione del paese estero;

 - svolgimento di un rapporto lavorativo a carattere continuativo, stipulato nello stesso paese estero, ovvero l’esercizio di una qualunque attività economica con carattere di stabilità;

- stipula di contratti di acquisto o di locazione di immobili residenziali, adeguati ai bisogni abitativi del paese di immigrazione;

- fatture e ricevute di erogazione di gas, luce, telefono e di altri canoni tariffari pagati nel paese estero;

- movimentazione a qualsiasi titolo di somme di denaro o di altre attività finanziarie nel paese estero e da e per l’Italia;

- eventuale iscrizione nelle liste elettorali del paese di immigrazione;

- assenza di unità immobiliari tenute a disposizione in Italia o di atti di donazione, compravendita, costituzione di società, ecc.;

- mancanza nel nostro Paese di significativi e duraturi rapporti di carattere economico, familiare, politico, culturale e ricreativo.

I predetti ed eventuali altri elementi di prova, vanno considerati e valutati globalmente, atteso che il superamento della presunzione legale non può che scaturire da una complessiva considerazione della posizione del contribuente.

Tabella 1 - Elenco dei Paradisi fiscali