Fonte: Le Società - Opinioni - 12 / 1996
Giurisprudenza in sintesi
RASSEGNA DI GIURISPRUDENZA DEL TRIBUNALE DI ROMA
La rassegna presenta alcune massime sulle problematiche concernenti i procedimenti di omologazione delle deliberazioni societarie elaborate a cura della II Sezione Civile del Tribunale di Roma. Esse costituiscono il frutto dell'esperienza interpretativa fino ad oggi maturata nell'adozione dei provvedimenti omologativi, filtrata attraverso alcuni incontri ai quali hanno partecipato i giudici della sezione.
Si ritiene così di offrire un valido supporto ed un utile punto di riferimento per tutti gli operatori del settore, avvertendo che si tratta di principi che - pur avendo raccolto l'unanimità o comunque la maggioranza dei consensi - sono pur sempre suscettibili di rimeditazione.
AMMINISTRATORI
DELEGA DELL'ATTIVITA' AMMINISTRATIVA
E' illegittima la clausola statutaria che consenta agli amministratori di delegare a terzi estranei, in via generale, l'attività amministrativa (ad esempio, consentendo la nomina di procuratori generali).
NUMERO DI AMMINISTRATORI
Nelle s.r.l. è ammissibile la clausola dell'atto costitutivo che attribuisca poteri di gestione ad un numero di amministratori compresi fra un minimo ed un massimo, in quanto non sussiste alcuna incompatibilità tra tale tipo sociale e l'art. 2380, terzo comma, codice civile, pur non espressamente richiamato per la s.r.l.
COAMMINISTRATORI
Non è legittimo l'inserimento negli atti costitutivi delle s.r.l. della clausola che preveda due coamministratori - ancorché disponga che essi esercitino i loro poteri congiuntamente -, escludendo quindi l'applicazione del metodo collegiale che caratterizza il funzionamento del consiglio di amministrazione.
Deve infatti ritenersi che il disposto dell'art. 2380, secondo comma, codice civile, il quale impone, quando l'amministrazione della s.p.a. sia affidata a più persone, l'adozione del metodo collegiale proprio del consiglio di amministrazione alla stregua delle altre norme che ne regolano il funzionamento, sia applicabile anche alla s.r.l., pur in assenza di espresso richiamo dell'art. 2380, codice civile, nell'art. 2487, codice civile.
Quest'ultima norma, infatti, richiama espressamente una serie di norme dettate per la s.p.a. regolanti il funzionamento del consiglio di amministrazione (artt. 2381, 2388, 2389, secondo comma, 2391, terzo comma, 2392, terzo comma, 2490, n. 3) ed in tal modo fa implicito riferimento al disposto del secondo comma dell'art. 2380, codice civile, che le suddette norme necessariamente presuppongono. Analogamente l'art. 2497, codice civile, richiama l'art. 2449, stesso codice, nel quale si fa esclusivo riferimento alle delibere del c.d.a. che accertino il verificarsi dei casi di scioglimento ex art. 2448, nn. 1, 2, 4, 6. Del resto, il mancato richiamo espresso dell'art. 2380 non impedisce di ritenere, pacificamente, applicabile alle s.r.l. il disposto del terzo comma di detta norma.
Nessun richiamo inoltre è contenuto nell'art. 2487 o in altre disposizioni sulla s.r.l. (ovvero ad essa applicabili) alle norme regolanti, nelle società di persone, l'amministrazione disgiuntiva o congiuntiva (l'art. 2383, sesto comma, si riferisce alla distinta facoltà di rappresentanza). Né può farsi ricorso alla analogia, perché profonde sono le differenze di struttura tra la s.r.l. e le società di persone (maggiori di quelle tra s.r.l. e s.p.a.).
E' significativo, infine, che la relazione al codice civile, pur attenta a segnalare la differenza tra s.r.l. e s.p.a., indichi quale unica particolarità dell'organo amministrativo della s.r.l., rispetto a quello della s.p.a., la composizione - salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo - mediante soci.
CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE COMPOSTO DA DUE PERSONE
E' legittima la previsione di un consiglio di amministrazione composto di due soli membri (art. 2380, secondo comma, codice civile, "più persone"). In tal caso la maggioranza di cui all'art. 2388, secondo comma, stesso codice, coincide con l'unanimità (la quale di per sé non è antitetica al principio di collegialità).
DELEGA DI ATTRIBUZIONI
E' legittima, anche nel caso in cui sia previsto che il consiglio di amministrazione sia composto di due soli membri, la clausola che preveda la delega da parte del consiglio di proprie attribuzioni ad uno o più dei suoi membri, nei limiti posti dall'art. 2381, secondo comma, codice civile.
PREVALENZA DEL VOTO DEL PRESIDENTE DEL C.D.A.
Ove il consiglio sia composto di due soli membri, è legittima la clausola che assegni, in caso di parità, la prevalenza al voto del presidente: in tale ipotesi infatti non solo è pur sempre rispettato il principio della discussione collegiale (art. 2388, primo comma, codice civile), ma la deliberazione è impugnabile ex art. 2391, codice civile, dall'amministratore dissenziente, il quale può andare esente dalla responsabilità verso la società nella ipotesi di cui all'art. 2392, terzo comma, codice civile.
ARBITRATO
CLAUSOLA COMPROMISSORIA
Non è ammissibile la clausola che devolva ad un collegio di probiviri designato dall'assemblea la risoluzione delle controversie insorte tra soci e società, per difetto del requisito della imparzialità; si ammette il correttivo che il collegio sia nominato da tutti i soci.
E' illegittima la clausola statutaria che devolva all'organo amministrativo o al collegio sindacale la nomina degli arbitri.
ASSEMBLEA
INDICAZIONE NOMINATIVA DEI SOCI NEL VERBALE
Il verbale di assemblea delle società di capitali e delle società cooperative deve contenere (in ragione del principio di autosufficienza del verbale e della sua funzione documentativa, informativa e di controllo) l'indicazione nominativa dei soci intervenuti, con la specificazione, per le società di capitali, del capitale di ciascuno di essi. All'uopo non è sufficiente la materiale allegazione al ricorso per l'omologazione di un "foglio presenze" ove questo non sia espressamente richiamato dal verbale di assemblea, con formale allegazione, tanto da formarne parte integrante.
NOMINA DEL SEGRETARIO
E' illegittima la clausola statutaria secondo cui "il segretario è proposto dal presidente dell'assemblea", in quanto o si tratta di proposta vincolante, illegittima per contrasto con l'art. 2371, codice civile, o si tratta di proposta non vincolante, dunque inutile.
E' illegittima la clausola statutaria secondo cui "il presidente dell'assemblea nomina il segretario", perché in contrasto con la norma inderogabile di cui all'art. 2371, codice civile.
TERMINE DI CONVOCAZIONE DELL'ASSEMBLEA ANNUALE
Ai sensi dell'art. 2364, secondo comma, codice civile, nell'atto costitutivo deve essere indicato il termine massimo di convocazione dell'assemblea ordinaria annuale solo ove tale termine sia superiore a 4 mesi. In tal caso, nell'atto costitutivo debbono essere indicate le speciali esigenze che richiedono la fissazione di un termine siffatto. E' pertanto illegittima la clausola che demandi alla valutazione discrezionale, di volta in volta, degli amministratori la ricorrenza delle "speciali esigenze" consentendo la convocazione dell'assemblea ordinaria entro un termine massimo indeterminato compreso tra i 4 ed i 6 mesi dalla chiusura dell'esercizio sociale.
VOTO SEGRETO
E' illegittima la clausola statutaria che preveda il voto segreto per le deliberazioni dell'assemblea dei soci nelle società di capitali e nelle cooperative: l'art. 2368, primo comma, infatti, si riferisce al quorum costitutivo e deliberativo e non anche alle modalità di manifestazione del voto.
E' illegittima la clausola statutaria che preveda il voto segreto nelle deliberazioni del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale.
ATTO COSTITUTIVO
RAPPORTI ATTO COSTITUTIVO-STATUTO
- Allorché lo statuto contenga le indicazioni tipiche dell'atto costitutivo, mancanti nell'atto così denominato dalle parti, esso assume natura e funzione di atto costitutivo in senso proprio, onde deve rivestire la forma dell'atto pubblico (compilato integralmente e sotto la direzione del notaio ex artt. 47 e 58, L. not., e non preformato dai contraenti; sottoscritto dal notaio e, di norma, dalle parti; contenente le indicazioni prescritte dall'art. 51, nn. 1, 2, 3, 4, 9, L. not.).
- L'obbligo di lettura di cui all'art. 51, nn. 7 e 8, L. not., non rappresenta idoneo surrogato dell'obbligo di indagine sulla effettiva volontà delle parti (artt. 47 e 28, L. not.), né vale ad attribuire la natura di atto pubblico ad una scrittura che ne sia di per sé priva.
- L'art. 2332, nn. 2 e 5, codice civile, rende palese che lo statuto può supplire alle indicazioni mancanti nell'atto costitutivo soltanto ove quello sia redatto per atto pubblico.
- La norma che impone la forma solenne per l'atto costitutivo esclude una relatio ad altro atto non stipulato in tale forma, atteso che tale integrazione è esclusa per i negozi a forma solenne, come dimostrato dalla necessità di deroghe espresse al principio (art. 782, primo comma, codice civile; art. 2701, codice civile).
CAPITALE SOCIALE
CONDIZIONI PER L'AUMENTO DI CAPITALE IN PRESENZA DI PERDITE
La deliberazione di aumento del capitale sociale, assunta in presenza di perdite, è illegittima: a) quando l'entità delle perdite sia superiore al terzo del capitale e sia in corso l'esercizio successivo a quello in cui è stata rilevata tale perdita (art. 2446, secondo comma, codice civile); b) quando le perdite siano superiori al terzo del capitale ed abbiano ridotto il capitale sociale al di sotto del limite legale (art. 2447, codice civile). La perdita va determinata al netto delle riserve e degli utili non distribuiti.
DICHIARAZIONE DI ESISTENZA INTEGRALE DEL CAPITALE
Ai fini della omologazione della delibera di aumento del capitale è necessaria la dichiarazione dell'amministrazione - contenuta nel verbale assembleare, oppure in un atto autenticato da allegare al ricorso in sede di omologazione - la quale attesti che il capitale sociale è integralmente esistente alla data della deliberazione ovvero che non sussistono, a tale data, le condizioni di applicazione degli artt. 2446, secondo comma, e 2447, codice civile.
VERSAMENTO DEI TRE DECIMI
In caso di aumento del capitale, è sufficiente che il versamento dei tre decimi sia effettuato nelle casse sociali, secondo il disposto dell'art. 2439, primo comma, codice civile, il quale richiede che il versamento sia fatto "alla società".
TERMINE PER L'ESERCIZIO DEL DIRITTO D'OPZIONE
- Con riguardo al termine per l'esercizio del diritto di opzione, si applica anche alle s.r.l. la norma dell'art. 2441, secondo comma, codice civile, secondo cui il termine per l'esercizio del diritto di opzione non può essere inferiore a trenta giorni dalla data della deliberazione.
- Nella deliberazione di aumento del capitale sociale deve essere indicato espressamente, e non solo risultare implicitamente, il termine per l'esercizio del diritto di opzione, sia per le s.p.a. che per le s.r.l. (art. 2439, codice civile).
- Soltanto con deliberazione di tutti i soci, ovvero ove consti la rinuncia espressa dei soci interessati, può prevedersi nella delibera di aumento del capitale sociale un termine per l'esercizio del diritto di opzione inferiore a trenta giorni, in quanto questo è fissato nell'interesse di tutti i soci i quali possono rinunciarvi.
- Il delegato non ha il potere di fissare il termine per l'esercizio del diritto di opzione non determinato dall'assemblea, ma è necessaria, allo scopo di fissare il termine, una delibera integrativa della assemblea straordinaria dei soci.
- La proroga del termine per la sottoscrizione o per l'esercizio del diritto di opzione costituisce modifica di delibera soggetta ad omologazione ed è, pertanto, a sua volta, soggetta ad omologazione.
- La proroga dei termini di sottoscrizione e di opzione è legittima soltanto se dalla deliberazione di proroga consti il consenso di tutti i soci che abbiano già sottoscritto una parte dell'aumento deliberato.
UTILIZZAZIONE DI RISERVE PER L'AUMENTO DEL CAPITALE
- In generale, perché sia legittima l'utilizzazione delle riserve per l'aumento del capitale (così come per l'imputazione a copertura di perdite e per la distribuzione ai soci: delibere queste però non soggette ad omologa), è necessario che alla riserva corrisponda effettiva ricchezza e che essa non rappresenti, invece, soltanto una posta fittizia.
- In caso di utilizzo per l'aumento gratuito del capitale di una riserva tassata derivante dalla rettifica nella dichiarazione dei redditi, è necessario accertare le modalità con cui la riserva è stata formata: occorre, a tal fine, allegare un'attestazione degli amministratori relativa alle modalità di formazione della riserva stessa.
- In caso di utilizzo per aumento gratuito del capitale di una riserva tassata derivante da condono fiscale, è necessario chiarire quale sia la legge sul condono in base alla quale è stata costituita la riserva e con quali modalità: a tal fine, occorre allegare una attestazione degli amministratori relativa alla legge e alle modalità di formazione della riserva stessa.
- In caso di utilizzo per l'aumento gratuito del capitale di una riserva di rivalutazione monetaria, è necessaria l'indicazione della normativa di riferimento e l'attestazione degli amministratori del modo in cui la riserva è stata formata.
UTILIZZAZIONE DEL CONTO FINANZIAMENTO SOCI PER L'AUMENTO DEL CAPITALE
Ai fini dell'aumento gratuito del capitale, è utilizzabile il conto finanziamento soci, purché esso sia chiaramente iscritto al passivo del bilancio nell'ambito del "patrimonio netto" (alla voce VII dell'art. 2424, codice civile) e costituisca, quindi, un conferimento del socio.
COMPENSAZIONE TRA CREDITO E DEBITO DEL SOCIO
E' compensabile il credito del socio (appostato al passivo del bilancio sociale nell'ambito dei "debiti") con il suo debito per il conferimento in occasione dell'aumento a pagamento del capitale sociale.
CONFERIMENTO DEL CREDITO LIQUIDO DEL SOCIO
- In caso di conferimento del credito liquido del socio, è necessario il consenso del socio e l'attestazione dell'esigibilità del credito del socio verso la società.
- In caso di conferimento del credito liquido del socio verso la società, allorché il credito non sia esigibile (ad esempio, perché sottoposto a termine non ancora scaduto), è necessaria la stima dell'esperto ai sensi dell'art. 2343, codice civile.
DETERMINAZIONE DELLA PERDITA
Ai fini della legittimità delle operazioni sul capitale la perdita va determinata al netto delle riserve e degli utili non distribuiti, e dunque di tutti gli accantonamenti volontari a qualunque titolo che rappresentino un incremento del patrimonio netto. Il risultato negativo dell'esercizio deve essere conseguentemente imputato prima alle riserve e agli utili e solo successivamente al capitale.
SITUAZIONE PATRIMONIALE AGGIORNATA
La legittimità delle deliberazioni assunte ai sensi degli artt. 2446 e 2447, codice civile, presuppone che sia stata depositata nella sede sociale durante gli otto giorni precedenti l'assemblea e, quindi, sottoposta all'approvazione dell'assemblea una situazione patrimoniale aggiornata, compilata con i criteri di redazione del bilancio (tale può ritenersi quella relativa ad una data non anteriore di quattro mesi dall'approvazione, in analogia con il termine di cui all'art. 2364, secondo comma, prima parte, codice civile) e corredata del parere dei sindaci; può considerarsi aggiornata la situazione patrimoniale di data non anteriore a sei mesi solo per le società la cui assemblea ordinaria, per legge - come nel caso di società di assicurazioni - o per clausola statutaria, possa riunirsi entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio.
RIPIANAMENTO TOTALE DELLE PERDITE
Non è omologabile la delibera assembleare che, in ipotesi di riduzione del capitale per perdite, ai sensi dell'art. 2446, secondo comma, codice civile, non operi il ripianamento totale delle stesse prima dell'aumento di capitale (sono però tollerati aumenti e riduzioni di capitale successivi che, in un unico contesto, comportino egualmente il totale ripianamento delle perdite).
VALUTAZIONE DELL'ESUBERANZA DEL CAPITALE RISPETTO ALL'OGGETTO
La valutazione dell'esuberanza del capitale va effettuata in relazione all'oggetto sociale perseguito in astratto (ipotesi a) o in concreto (ipotesi b). Il primo è l'oggetto previsto nello statuto (il c.d. oggetto in astratto), il secondo è l'oggetto di fatto perseguito dalla società (c.d. oggetto in concreto).
In entrambe le ipotesi è infatti possibile ravvisare il requisito dell'esuberanza del capitale sociale (fatta salva la valutazione dell'effettiva congruità della motivazione della delibera in rapporto agli elementi acquisiti al procedimento).
Infatti, nella prima ipotesi - a): oggetto in astratto - una variazione dell'atto costitutivo con ridimensionamento (qualitativo o quantitativo) del programma di attività sociale, anche se non ancora concretamente realizzato, può ben comportare un sopravvenuto eccesso dell'entità del capitale predisposto per tale programma originario.
Nella seconda ipotesi - b): oggetto in concreto - è parimenti possibile che una (tendenzialmente) permanente restrizione (qualitativa o quantitativa) rispetto all'attività sociale precedentemente svolta nell'ambito del programma sancito nell'atto costitutivo renda esuberante il capitale, anche ove la restrizione non implichi una modificazione dell'atto costitutivo stesso.
ELEMENTI DI RISCONTRO DELLA CONGRUITA' LOGICA DEL GIUDIZIO DI ESUBERANZA
Nel giudizio omologatorio delle deliberazioni di riduzione del capitale esuberante ex art. 2445, codice civile, nella fase istruttoria è necessario che, al fine della valutazione della congruità delle addotte ragioni della riduzione, siano prodotti:
a) i bilanci almeno degli ultimi 3 esercizi (con le relazioni degli amministratori sulla gestione e con la relazione dei sindaci);
b) la situazione patrimoniale della società (cioè un bilancio ordinario infrannuale) aggiornata a non oltre quattro mesi prima della data della deliberazione, corredata dalle osservazioni dei sindaci e con attestazione del deposito presso la sede sociale durante gli otto giorni precedenti l'assemblea.
La produzione di documenti indicati è richiesta al fine di valutare, secondo un giudizio di legalità sostanziale, la congruità della motivazione in ordine all'esistenza dell'esuberanza del capitale sociale.
La situazione patrimoniale aggiornata è necessaria, in quanto sussistono a fortiori, nel caso in esame, le esigenze di informazione di cui all'art. 2446, codice civile.
RAGIONI DELL'ESUBERANZA
Non sono omologabili, perché non congruamente motivate con riferimento ad una stabile contrazione dell'attività sociale, le deliberazioni di riduzione del capitale per esuberanza le quali individuino le ragioni dell'esuberanza stessa:
1) nel ridimensionamento contingente e temporaneo dell'attività sociale;
2) nell'eccesso di liquidità di cassa;
3) nella trasformazione della s.p.a. in una s.r.l. o in una s.a.p.a.;
4) nella prospettiva di trasformare la società di capitali in una società di persone;
5) nell'opportunità di rendere non più obbligatorio e quindi sopprimere il collegio sindacale di una s.r.l.;
6) nello stato di liquidazione della società (dato il divieto della anticipata ripartizione del patrimonio sociale, lesiva di poteri riconosciuti in via esclusiva ai liquidatori ex artt. 2452 ss., codice civile, e tenuto conto dell'art. 2280, primo comma, e dell'art. 2625, codice civile);
7) nella prospettiva dello scioglimento e della liquidazione della società (tenuto conto che la riduzione per esuberanza implica il pieno perseguimento dell'oggetto sociale, sia pure ridimensionato).
RIDUZIONE E CONTESTUALE AUMENTO DEL CAPITALE O AMPLIAMENTO DELL'OGGETTO SOCIALE
Non sono omologabili, perché contraddittorie, le delibere di riduzione del capitale sociale per esuberanza, con contestuale delibera di aumento del capitale o con contestuale ampliamento dell'oggetto sociale (salvo, in tale ultimo caso, che si tratti di sostituzione dell'attività sociale e la riduzione venga giustificata con la valutazione comparativa della nuova attività rispetto alla vecchia).
RIDUZIONE PER ESUBERANZA E PERDITE
La presenza di perdite è ostativa all'omologazione della delibera di riduzione del capitale sociale per esuberanza, in quanto il divieto di ripartizione di utili in costanza di perdite (art. 2433, secondo comma, codice civile) implica a fortiori il divieto di rimborso del capitale. La riduzione del capitale per esuberanza è concepibile (ricorrendo i requisiti di cui all'art. 2445, codice civile) solo per la parte eccedente le perdite ed una volta eliminate queste ultime.
DELIBERAZIONE DI RIDUZIONE DEL CAPITALE PER ESUBERANZA
- L'omessa od insufficiente indicazione, nell'avviso di convocazione dell'assemblea, delle ragioni e delle modalità di riduzione del capitale esuberante impedisce l'omologazione della deliberazione, salvo che la delibera sia stata adottata con il consenso di tutti i soci.
- L'omessa od insufficiente indicazione nella delibera delle ragioni o delle modalità di riduzione del capitale ne impedisce l'omologazione, anche se la delibera sia stata adottata con il consenso di tutti i soci, in quanto si risolve nella violazione di norme poste a tutela non solo dell'interesse dei soci, ma anche dell'interesse dei terzi.
RIDUZIONE PER ESUBERANZA MEDIANTE ANNULLAMENTO DI AZIONI PROPRIE
- La riduzione del capitale da attuarsi mediante annullamento di azioni proprie già in possesso della s.p.a. ex art. 2357, primo, secondo e terzo comma, codice civile e art. 93, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 1917, è consentita solo nell'ipotesi di cui all'art. 2445, codice civile, data la tassatività dei casi di riduzione del capitale.
- La riduzione del capitale da attuarsi mediante acquisto di azioni proprie all'esclusivo fine di annullarle ai sensi dell'art. 2357 bis, n. 1, codice civile, (interpretata estensivamente l'espressione "mediante riscatto"), è consentita solo nell'ipotesi di esuberanza del capitale ex art. 2445, codice civile, data la tassatività dei casi di riduzione del capitale.
In tale ipotesi, la delibera di riduzione, per l'evenienza di un acquisto di azioni proprie ad un prezzo superiore al valore nominale, dovrà indicare il prezzo massimo di acquisto ed indicare gli utili o le riserve da utilizzarsi, in quanto la riduzione potrà effettuarsi solo ove il prezzo da pagare trovi corrispondenza in utili distribuibili o riserve risultanti dall'ultimo bilancio (anche infrannuale) regolarmente approvato.
RIDUZIONE PER ESUBERANZA MEDIANTE IMPUTAZIONE A RISERVA
La riduzione del capitale per esuberanza può avvenire anche mediante imputazione a riserva della quota di capitale dedotta in quanto il giudizio di esuberanza rispetto all'oggetto sociale va rapportato al capitale e non genericamente al patrimonio sociale: tuttavia, poiché in tale particolare caso non viene effettuata una riduzione c.d. reale del capitale (con liberazione dall'obbligo di conferimento o con rimborso di denaro), ma si ha una rinuncia del socio uti singulus ai propri diritti patrimoniali, occorre che la delibera di riduzione e di imputazione a riserva venga adottata con il consenso di tutti i soci.
RIDUZIONE PER ESUBERANZA MEDIANTE ASSEGNAZIONE DI BENI A SOCI
La riduzione del capitale per esuberanza (quale eccezione al principio del divieto di restituzione dei conferimenti e di liberazione dall'obbligo di conferimento) deve essere attuata in modo da salvaguardare la corrispondenza tra il valore assegnato ai soci in esecuzione della delibera e il valore della parte di capitale nominale reso disponibile con la riduzione.
Pertanto, oltre alle modalità espressamente indicate dalla legge (a. proporzionale liberazione dei soci dall'obbligo dei versamenti ancora dovuti; b. proporzionale rimborso del capitale; c. annullamento di azioni proprie), la riduzione può eseguirsi anche mediante proporzionale assegnazione ai soci di beni sociali, purché si tratti (a pena di nullità della deliberazione) di beni fungibili aventi un prezzo corrente, risultanti da listini di borsa o mercuriali, il cui valore sia perciò obiettivamente e sicuramente accertato (a tale ultima ipotesi deve intendersi riferito l'art. 16, lett. m, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, che assoggetta a tassazione separata i redditi compresi nel valore normale dei "beni assegnati ai soci (...) nei casi di (...) riduzione del capitale").
RIDUZIONE PER ESUBERANZA NELLE SOCIETA' COOPERATIVE
L'art. 2445, codice civile, benché non espressamente richiamato per le società cooperative, è applicabile anche alla riduzione del capitale esuberante delle società cooperative (salva l'eventuale imputazione a riserva della quota di capitale dedotta e salvi i riflessi tributari in relazione alla indistribuibilità delle riserve durante la vita sociale ex art. 26, secondo comma, D.Lgs. C.p.S. 14 dicembre 1947, n. 1577).
Tuttavia, la correlativa delibera di riduzione va sottoposta ad omologazione solo nel caso in cui comporti la modifica dell'atto costitutivo in relazione al valore nominale delle azioni (art. 2518, n. 5, codice civile) od in relazione all'ammontare della quota minima eventualmente fissata (entro il limite di legge) per ciascun socio: infatti, ai sensi degli artt. 2250, secondo comma, 2518, n. 5, 2520 e 2539 (là dove esclude l'applicabilità dell'art. 2448, n. 4, codice civile), il capitale sociale delle società cooperative è variabile e la modificazione dell'entità della quota sottoscritta da ciascun socio (che non abbassi il minimo convenuto nell'atto costitutivo od il valore nominale delle azioni) non comporta modifica dell'atto costitutivo.
COLLEGIO SINDACALE
COMPENSO DEI PRIMI SINDACI
Nell'atto costitutivo deve essere indicato il compenso dei primi sindaci, in quanto l'incarico è necessariamente retribuito e il compenso va fissato all'atto della nomina, ai sensi dell'art. 2402, codice civile.
CONFERIMENTI
VERSAMENTO DEI TRE DECIMI
Il versamento dei tre decimi del capitale è condizione dell'omologazione e non della stipulazione dell'atto costitutivo, onde è sufficiente che esso sia effettuato dopo la stipulazione ma prima dell'omologazione.
FUSIONE
VERBALE DELLA DELIBERA DI FUSIONE
Il verbale della deliberazione di fusione deve indicare anche la data di deposito di tutti i documenti di cui all'art. 2501 sexies, codice civile, presso la sede sociale perché è dalla data di tale deposito che si considera la tempestività della situazione patrimoniale (art. 2501 ter, primo e terzo comma, codice civile) oltre che la tempestività dell'assemblea (art. 2501 sexies).
PROGETTO DI FUSIONE
Il termine previsto dall'art. 2501 bis, quarto comma, codice civile, per la pubblicazione del progetto di fusione per estratto nella Gazzetta Ufficiale, se alla fusione partecipano società di capitali o cooperative (almeno un mese prima della data fissata per la deliberazione), deve ritenersi, in ragione degli interessi tutelati, inderogabile.
LIQUIDAZIONE
MODIFICA DELL'OGGETTO SOCIALE
L'ampliamento e la modifica dell'oggetto sociale sono incompatibili con lo stato di liquidazione; la riduzione dell'oggetto sociale è, invece, compatibile con lo stato di liquidazione.
OMOLOGA DELLA DELIBERA DI LIQUIDAZIONE
Non va omologata la deliberazione di messa in liquidazione della società in ogni ipotesi di scioglimento "di diritto": ad esempio, non è soggetta al controllo del tribunale in sede di omologazione la deliberazione in cui si afferma che "il presidente della società dichiara raggiunto l'oggetto sociale e l'assemblea delibera lo scioglimento della società", in quanto in tale ipotesi lo stato di liquidazione si instaura ex lege, ai sensi dell'art. 2448, n. 2, codice civile: in tal caso va depositata ed iscritta nel registro delle imprese, e pubblicata sul BUSARL, la deliberazione del consiglio di amministrazione (o la dichiarazione dell'amministratore unico) che accerti il verificarsi della causa di scioglimento (art. 2449, quinto comma, codice civile); allo stesso modo, non va omologata la deliberazione di messa in liquidazione della società se dalla situazione patrimoniale allegata alla stessa si desumono perdite che comportano lo scioglimento per legge della società, ai sensi dell'art. 2448, n. 4: anche in tal caso si applica l'art. 2449, quinto comma.
SEDE DELLA LIQUIDAZIONE
La sede della liquidazione non può essere diversa dalla sede sociale.
OGGETTO SOCIALE
SVOLGIMENTO DI ATTIVITA' FINANZIARIA
Lo svolgimento dell'attività finanziaria può essere contenuta nell'oggetto sociale previsto nell'atto costitutivo, oppure può essere ad esso estranea e porsi come strumentale al conseguimento dell'oggetto sociale.
1) Nel primo caso, tale attività può essere svolta:
a) nei confronti del pubblico: essa è riservata ai soggetti aventi i caratteri strutturali stabiliti nell'art. 106, D.Lgs. 15 settembre 1993, n. 385 (in particolare, l'attività finanziaria deve essere esclusiva e il capitale sociale deve essere non inferiore ad un miliardo di lire);
b) non nei confronti del pubblico: essa è libera (il requisito dell'iscrizione all'albo, previsto dall'art. 113 T.U. bancario, non rileva in sede di omologazione).
2) Nel secondo caso, è necessario che nell'atto costitutivo e nello statuto sia precisato che l'attività è esercitata "non nei confronti del pubblico" o "in via strettamente strumentale al conseguimento dell'oggetto sociale".
La precisazione che tale attività è "non prevalente" non è da sola sufficiente, ma può essere conservata, se congiunta alla predetta indicazione del nesso di strumentalità.
ATTIVITA' DI VENDITA ED INTERMEDIAZIONE
Non è legittima la previsione nell'oggetto sociale di attività di vendita e di attività di intermediazione dei medesimi prodotti, in quanto ciò viola l'art. 3, L. n. 39/1989.
INDICAZIONE SPECIFICA DELLE ATTIVITA'
Le attività rientranti nell'oggetto sociale debbono essere indicate in modo specifico: ad esempio, non è sufficiente la generica indicazione di "attività industriale" o "attività commerciale", né è sufficiente menzionare l'attività di "appalto" o di "rappresentanza commerciale" senza precisarne il settore.
OMOLOGAZIONE
FUNZIONE DELL'OMOLOGAZIONE
Le categorie di invalidità negoziale non sono utilizzabili in sede di controllo omologatorio, in quanto questo mira a garantire che l'atto sottoposto a controllo sia conforme alla legge, nel senso che esso rispetti tutte le condizioni stabilite dalla legge.
Posta la funzione dell'omologa come controllo del rispetto di tutte le norme di legge, il giudice può rilevare qualsiasi difformità dalle norme per il cui accertamento non sia necessaria una specifica indagine (in quanto il controllo avviene ex actis).
RILEVABILITA' DI VIZI PREGRESSI
Il ricorso per omologazione investe il Tribunale solo della modifica dell'atto costitutivo, onde non è rilevabile, in sede di omologazione, la non conformità a legge delle parti dell'atto costitutivo non modificate.
Sono, tuttavia, sindacabili le clausole che risentano della modifica di altre clausole sottoposte al controllo (ad esempio, in sede di omologa della trasformazione di una s.p.a. in una s.r.l., è necessario verificare se sia ancora prevista l'emettibilità di obbligazioni, non consentita alla s.r.l.).
SEDE
SEDE AMMINISTRATIVA
Non è legittima la clausola statutaria che preveda accanto alla sede sociale, anche una "sede operativa" o una "sede amministrativa" della società medesima.
SEDE SECONDARIA DI SOCIETA' ESTERA
La deliberazione assunta dall'assemblea di una società di capitali estera con cui viene istituita una sede secondaria in Italia non è soggetta, al fine dell'iscrizione nel registro delle imprese, al preventivo controllo del tribunale.
SOCI
DOMICILIO DEI SOCI
E' illegittima la clausola statutaria che stabilisca il domicilio dei soci presso la sede sociale: la società domiciliataria, infatti, può trovarsi in conflitto di interessi con il domiciliante (ad esempio, con il socio di minoranza).
SOCIETA' A PARTECIPAZIONE COMUNALE
FORMA SOCIETARIA
Non è omologabile l'atto costitutivo di una società a responsabilità limitata cui partecipino un Comune e una Camera di commercio per la gestione di servizi pubblici, in considerazione del chiaro dettato normativo (art. 22, secondo comma, lett. c), L. n. 142/1990 e art. 12, L. n. 498/1992) che non consente a comuni e province il ricorso a modelli societari diversi da quello della società per azioni in ragione delle potenzialità e delle garanzie ad esso connaturate quali, in particolare, la circolazione dei titoli sul mercato, la possibilità che una quota delle azioni sia destinata all'azionariato diffuso, la presenza necessaria del collegio sindacale, organo di vigilanza e di controllo.
SOCIETA' A RESPONSABILITA' LIMITATA
UNICITA' DELLA QUOTA DEL SOCIO DI S.R.L.
La quota di ciascun socio di s.r.l. è unica, indipendentemente dal suo ammontare.
Da tale principio cardine deriva quanto segue:
1) viola l'art. 2474, terzo comma, codice civile, la clausola che dispone che "il capitale è diviso in quote da L. 1.000" senza previsione di multipli, dal momento che i soci sono in numero inferiore ai millesimi in cui è suddiviso il capitale (rapporto fra il capitale e L. 1.000);
2) non è ammessa la cessione parziale della quota, allorché essa venga nel contempo dichiarata indivisibile ex art. 2482, codice civile (equivoco sottostante: che la quota sia di L. 1.000 e non una per ciascun socio);
3) è errata la previsione di un "voto per ciascuna quota", perché occorre prevedere un voto per ogni L. 1.000 della quota (art. 2485, codice civile: il voto è proporzionale alla quota di capitale posseduta).
SOCIETA' CONSORTILI
OBBLIGO PER I SOCI DI VERSARE CONTRIBUTI IN DENARO
L'art. 2615 ter, codice civile, prevede che l'atto costitutivo possa stabilire l'obbligo dei soci di società consortili di versare contributi in denaro, oltre al conferimento iniziale. Perché tale norma sia applicata in modo legittimo occorre che venga stabilito il criterio in base al quale viene determinata l'entità del versamento imposto e che tale criterio sia razionale. Clausola non omologabile: es. "i soci sono obbligati a versare i contributi previsti dal consiglio di amministrazione".
Criterio corretto: es. "in misura uguale"; "secondo il conferimento"; "secondo il vantaggio mutualistico di ciascun socio".
SOCIETA' COOPERATIVE
COOPERATIVE SOCIALI DI LAVORO
Nelle cooperative sociali di lavoro la L. n. 381/1991 prevede che le persone svantaggiate costituiscano almeno il 30 per cento dei lavoratori della cooperativa: la prova di tale qualità deve essere fornita con idonea documentazione (proveniente dalla pubblica amministrazione), da allegare al ricorso per omologazione, che può essere ritirata al momento dell'iscrizione nel registro delle imprese, a tutela della riservatezza delle persone svantaggiate (art. 4 legge cit.).
CONVOCAZIONE DELL'ASSEMBLEA
Nelle società cooperative, per le quali l'art. 2518, n. 10, codice civile, prevede l'indicazione di forme di convocazione dell'assemblea diverse da quelle di legge, è illegittima la previsione della convocazione mediante la sola affissione nella sede sociale dell'avviso, in quanto in tal modo non viene garantita la conoscibilità dello stesso.
LIMITE MINIMO DEL VALORE NOMINALE DI QUOTE O AZIONI
L'art. 21, quarto comma, L. n. 59/1992 prevede che le società cooperative costituite prima dell'entrata in vigore della legge non siano tenute ad adeguarsi alle prescrizioni sul limite minimo del valore nominale delle quote o azioni. Ove la cooperativa intenda ugualmente adeguarsi a tali prescrizioni, occorre il consenso di tutti i soci ovvero la dimostrazione che ciascun socio possieda già di fatto azioni o quote in misura pari o superiore al limite deliberato: ciò per garantire l'osservanza del principio generale secondo cui il socio di società di capitali non consortili e di società cooperative, non può, senza il suo consenso, essere obbligato a conferimenti ulteriori rispetto a quello iniziale.
SOCIETA' DI PROFESSIONSTI
DIVIETO DI SOCIETA' "PROFESSIONALI"
L'art. 2, L. 23 novembre 1939, n. 1815, pone il generale divieto di costituire, esercitare o dirigere società c.d. professionali, aventi per oggetto la prestazione (in favore dei soci o dei terzi) di attività proprie delle professioni intellettuali c.d. protette (per il cui esercizio, cioè, è richiesta l'iscrizione in appositi albi od elenchi ai sensi dell'art. 2229, codice civile), a nulla rilevando che i soci siano in tutto od in parte professionisti iscritti negli albi od elenchi prescritti, o che l'atto costitutivo stabilisca che la società si debba rivolgere a tali professionisti.
DEROGHE AL DIVIETO DI SOCIETA' "PROFESSIONALI"
La norma che pone il divieto di costituire, esercitare o dirigere società c.d. professionali (art. 2, L. n. 1815/1939) non è stata abrogata, ma solo derogata da alcune normative di settore (v. ad es., per le società di progettazione industriale: art. 11, L. 12 febbraio 1981, n. 17 ed art. 2, L. 17 maggio 1985, n. 210, entrambi in materia ferroviaria; art. 17, L. 21 maggio 1981, n. 240, a proposito di società consortili miste tra piccole e medie imprese).
ESCLUSIONE DAL DIVIETO DI SOCIETA' "PROFESSIONALI"
E' esclusa dal divieto di cui all'art. 2, L. 23 novembre 1939, n. 1815 la costituzione, l'esercizio o la direzione di società che abbiano ad oggetto l'esercizio di un'impresa della quale l'attività professionale protetta sia soltanto un elemento (argomenta: a) dall'art. 2238, codice civile, nel quale si prevede il caso in cui l'esercizio di una professione costituisca elemento di un'attività organizzata in forma d'impresa; b) dall'art. 3, L. 23 novembre 1939, n. 1815, il quale esclude dal divieto gli uffici che le società costituiscono per la propria organizzazione interna).
SOCIETA' DI PROGETTAZIONE
E' esclusa dal divieto di cui all'art. 2, L. n. 1815/1939, la costituzione, l'esercizio o la direzione di società di progettazione industriale aventi ad oggetto un risultato complessivo non coincidente con il mero servizio intellettuale relativo alla professione c.d. protetta, ma nelle quali si preveda la realizzazione globale del progetto, ovvero si consideri la progettazione, da parte della società, complessa, integrata ed inscindibile di opere per le quali sia necessario l'apporto concorrente di attività di professioni c.d. protette e di professioni c.d. non protette.
SOCIETA' DI INGEGNERIA
La L. n. 216/1995 all'art. 5 sexies, in deroga espressa al divieto di cui all'art. 2, L. n. 1815/1939, sancisce la legittimità delle società di ingegneria che si configurino quali società professionali per l'esercizio (in via esclusiva o con oggetto sociale misto con altre attività) delle attività di progettazione esemplificate nel citato art. 5 sexies, purché si tratti di società costituite al fine della partecipazione alle gare d'appalto di opere pubbliche disciplinate dalla stessa legge ovvero della direzione dei lavori appaltati ai sensi della medesima legge.
Al di fuori di tali finalità (che debbono essere esplicitate nell'atto costitutivo) permane il divieto di cui al citato art. 2, L. n. 1815/1939. Fino all'emanazione del regolamento di esecuzione previsto dalla legge non vi sono limiti ulteriori (rispetto a quelli risultanti dal testo della legge: "i singoli progetti devono essere eseguiti da uno o più professionisti iscritti negli appositi albi, nominativamente indicati e personalmente responsabili") per la costituzione delle società di ingegneria previste dalla L. n. 216/1995.
SOGGETTI STRANIERI
CONDIZIONE DI RECIPROCITA'
La costituzione di una società in Italia e l'assunzione della carica di amministratore o sindaco di società italiana da parte di un soggetto straniero è subordinata alla condizione di reciprocità di cui all'art. 16 preleggi, nel senso che deve risultare l'analoga possibilità per i soggetti italiani nel Paese straniero.